venerdì 7 settembre 2012

Corso esame avvocato: seconda dispensa amministrativo!!!

Ragazze/i,
di seguito vi riporto un estratto della seconda dispensa di diritto amministrativo a cura del'avv. Federico Frasca.
Per aderire a modulo di Diritto Amministrativo al'interno del Corso gratuito per l'esame d'avvocato 2012/2013 scrivete a forleogi@msn.com oppure cliccate qui!!!



Indice


Premessa
1.             Decalogo dei consigli sul ricorso al T.A.R.                                                        pag. 4
-    I principi comunitari;                                                                          pag. 9 
-    le figure sintomatiche dell’eccesso di potere.                                      pag. 14
2.             Massime e Giurisprudenza:                                                                               pag. 19
-    il diritto d’accesso;                                                                                       pag. 19
-    la D.I.A. edilizia;                                                                                           pag. 38
-    il permesso a costruire.                                                                                 pag. 77
3.             Atti da svolgere.                                                                                               pag. 92





Premessa


Salve ragazze/i,

con questa dispensa continua il “nostro viaggio” verso l’esame di Stato, appena agli inizi.
Spero vi sia risultata utile la precedente dispensa, e che nell’esercitarvi nella redazione degli atti abbiate trovato qualche difficoltà. Questo non perché sono il marchese De Sade, ma perché qualsiasi traccia esca l’ultimo giorno dell’esame, anche la più semplice, vi imporrà di risolvere uno o più problemi, molto probabilmente da voi non analizzati precedentemente, al pari (forse) di quanto avete fatto questa settimana. Le difficoltà “ci devono essere” durante questo corso quindi, perché comunque le dovrete affrontare il giorno dell’esame.
Vi dirò di più: spesso è preferibile svolgere un compito su un argomento poco conosciuto che su uno conosciuto a menadito. Perché? Perché la difficoltà è maggiore, ma la nostra mente si attiva maggiormente, dando spazio alla creatività, cercando collegamenti e trovando spunti. Su un argomento già studiato invece si rischia di utilizzare più la memoria e di cercare più la completezza che la sintesi o la soluzione.
La finalità di questo corso non è quella di farvi arrivare all’esame preparati su specifici argomenti (cosa di per sé non negativa), in modo da “non avere alcuna difficoltà”, ma è quella di insegnarvi a saper “affrontare la sfida della difficoltà”.
Ovviamente non si può arrivare all’esame “al buio” come “tabulae rasae”: analizzeremo insieme allora i fondamentali che, una volta acquisiti, vi permetteranno di ben articolare qualsiasi motivo di diritto. La fase mnemonica va lasciata soltanto allo schema dell’atto, non al contenuto, che è sommamente variabile, e va sempre predisposto in maniera persuasiva, quindi non oggettiva e neutrale, ma “creativa”.
Buon lavoro.
A presto.
  


1.    DECALOGO
dei consigli sul ricorso al T.A.R.


Premessa: in questo Decalogo riporto molteplici disposizioni del nuovo codice. Qualora non abbiate un codice del processo amministrativo aggiornato, o vogliate svolgere qualche approfondimento e non ne avete uno annotato o commentato, vi consiglio la consultazione del sito http://www.giustizia-amministrativa.it/.


1.        Normativa abrogata: citarla costituisce un errore.
Ad es., proporre ricorso ai sensi dell’art. 21-bis della l. n. 1034/71 e non ai sensi degli artt. 31 e 117 c.p.a. porta ex se all’insufficienza dell’elaborato. Lo stesso vale per errori meno evidenti, come parlare di D.I.A. in materia di commercio (o di edilizia, giacché il D.L. n. 70/11 ha aggiunto il co. 6-bis all’art. 19 della l. n. 241/90, recante il disposto “Nei casi di Scia in materia edilizia …”, mentre l’art. 22 del d.P.R. n. 380 parla ancora di Denuncia di Inizio Attività) al posto di S.C.I.A., costituisce errore.
I codici devono quindi essere aggiornati, perché l’esame si fa “a legislazione vigente”.
2.        Oggetto del ricorso: non è più necessariamente l’annullamento di un provvedimento amministrativo (art. 40 co. 1 lett. b) c.p.a.: “1. Il ricorso deve contenere:b) l’indicazione dell’oggetto della domanda, ivi compreso l’atto o il provvedimento eventualmente impugnato …”.  Nel processo amministrativo la causa petendi non è più l’atto ma il rapporto.  
Anche i termini quindi sono cambiati: pur rimanendo il “canonico” termine di 60 giorni, o quello dimidiato di 30 per talune materie (ad es. accesso, appalti),  il c.p.a. prevede anche i “ nuovi termini” di 120 giorni per l’azione risarcitoria autonoma (art. 30 co. 3) o di 180 per la declaratoria della nullità provvedimentale (art. 31 co. 4). Non è casuale che l’art. 41 co. 2 c.p.a. stabilisca genericamente che il ricorso va notificato  entro il termine previsto dalla legge ….
Nell’epigrafe è pertanto un errore omettere la richiesta risarcitoria (ovviamente è un errore ancora più grande ometterla anche nel corpo del ricorso e/o in sede di petitum, se ne sussistono i presupposti), o, nel caso di diniego all’accesso, scrivere soltanto “per l’annullamento” e non anche “ e per l’accertamento del diritto del ricorrente e la condanna del Comune di … ad esibire i documenti richiesti”.
E’ tautologica la formula “e di ogni atto connesso, consequenziale, coordinato, etc.”. Tale facoltà per gli atti successivi è implicita nella facoltà di proporre ricorso per motivi aggiunti, mentre per gli atti presupposti (bando di gara, di concorso, etc.) deve essere esercitata ai fini della c.d. “doppia impugnativa”, pena l’inammissibilità del ricorso.
3.        I controinteressati. Il ricorso a pena d’inammissibilità va notificato ad almeno un controinteressato, anche nel rito del silenzio-inadempimento (art. 117 co. 1 c.p.a.; prima era dubbio), o dell’accesso (art. 116 co. 1 c.p.a.)
Non dimenticatelo nell’epigrafe!
4.        Le azioni del Codice. Nel “nuovo” processo amministrativo sono ammesse azioni dichiarative, costitutive e di condanna.
L’azione dichiarative sono in realtà tipiche: sono essenzialmente due, ossia quella per declaratoria della nullità del provvedimento (art. 31 co. 4 c.p.a.) e quella per l’accertamento del silenzio-inadempimento (art. 31, commi 1-3 c.p.a.). L’azione dichiarativa generale non sembra ammissibile, nonostante le aperture di dottrina e giurisprudenza minoritarie.
L’azione costitutiva è volta al “classico” annullamento del provvedimento, ed è tipica del carattere (tuttora prevalentemente) impugnatorio del processo amministrativo.
L’azione di condanna è atipica, e comprende il risarcimento in forma specifica come per equivalente (art. 30 co. 2 c.p.a.). Talvolta è tipica: vd. la condanna all’esibizione dei documenti (art. 116 c.p.a.) o al “facere” provvedimentale nel silenzio-inadempimento (artt. 31 e 117 c.p.a.).
5.        La violazione di legge. In questo vizio di legittimità rientra qualsiasi infrazione normativa compiuta dalla P.A., dalle fonti apicali (Cost., Trattati comunitari) a quelle inferiori (Regolamenti comunali, governativi, bandi di gara e di concorso, etc.), passando per la legge in senso stretto, ossia la legge ordinaria, il decreto legge ed il decreto legislativo.
Il vostro atto deve articolarsi quindi essenzialmente su questa figura. La conoscenza dei principi apicali ed una corretta ed una intelligente consultazione dei codici bastano, perché la normativa in materia amministrativa è sempre più “pervasiva”, disciplinando compiutamente ogni settore dell’attività amministrativa.
Non vi è dubbio che costituisce il principale vizio di legittimità del provvedimento. La stessa incompetenza non è che una sotto-categoria e lo stesso eccesso di potere è recessivo (basti pensare ai vizi della motivazione, prima interamente riconducibili a quest’ultimo, mentre ora riconducibili alla violazione dell’art. 3 della l. n.241/90 in caso di mancanza totale; la carenza “parziale” o la contraddittorietà della stessa rientrano invece ancora nell’eccesso di potere).
ATTENZIONE: l’art. 40. co. 1 lett. c) c.p.a. stabilisce che il ricorso deve contenere l’esposizione sommaria dei fatti, i motivi specifici su cui si fonda il ricorso”.
I  motivi non possono essere generici, quindi pretestuosi, ma devono permettere la Giudice di sindacare l’attività della P.A.. Questo non significa, tuttavia, che il ricorso debba dedurre come i vizi provvedimentali necessariamente in relazione alla sola normativa di dettaglio (circolari ministeriali, D.P.C.M., etc.). Basta la legislazione speciale, unitamente ai principi generali.
6.        Ordine. Siate ordinati nell’esposizione del fatto come del diritto: numerate quindi i punti del fatto come i motivi di diritto.
Anche l’atto amministrativo segue comunque il principio di libertà delle forme: unica regola è quindi non commettere errori od omissioni (mancanza della procura, dell’intestazione, della firma dell’avvocato, etc., ma anche errori d’ortografia!).
Un consiglio nel consiglio: non unite violazione di legge ed eccesso di potere nello stesso motivo di diritto. In taluni casi le figure possono esser simili (ad es. violazione del principio comunitario di proporzionalità ed eccesso di potere per ingiustizia manifesta), ma è bene tenerli distinti per far capire ai commissari che la distinzione vi  è chiara.
7.        La competenza: il nuovo Codice del Processo amministrativo (D.Lgs. n. 104/10) prevede la competenza territoriale e la competenza funzionale inderogabili (la l. n. 1034/71 prevedeva la regola della derogabilità, salvo eccezioni).
Ricordate che quanto alla prima è stabilita una connessione territoriale tra attività amministrativa e sindacato giurisprudenziale: si deve aver riguardo alla sede dell’Ente ed all’efficacia dell’atto (art. 13, co. 1, c.p.a.). Quest’ultimo sotto-criterio è prevalente rispetto al primo.
Quindi, ad es., un atto del Provveditorato agli Studi di Firenze che dispieghi i suoi effetti nel territorio fiorentino non crea problemi di sorta, e va impugnato dinanzi al T.A.R. Toscana. Idem in caso di relativa efficacia provinciale o regionale. Ma se esplicasse i suoi effetti anche oltre il territorio della Regione Toscana, l’art. 13 co. 3 c.p.a. comunque imporrebbe la competenza territoriale inderogabile del T.A.R. Lazio, sede di Roma.
In quest’ultimo caso la notifica va effettuata all’Avvocatura generale dello Stato, mentre nei casi precedenti casi all’Avvocatura distrettuale ai sensi dell’art. 10 co. 3 della l. n. 103/79(vd., per un approfondimento, l’Ad. Plen. n. 19/2011).
La notifica presso la sede legale vale solo per gli Enti pubblici (o privati esercenti pubblici servizi o funzioni) diversi dallo Stato. Quindi un atto della Regione Liguria avente efficacia ultraregionale va impugnato davanti al T.A.R. ligure con ricorso notificato la Presidente della Regione, presso la sede legale della stessa.  
Nelle materie indicate dall’art. 135 c.p.a. è tuttavia funzionalmente competente, in maniera inderogabile, il T.A.R. Lazio, sede di Roma; le controversie relative ai poteri esercitati dall’Autorità per l’energia elettrica e il gas sono invece devolute al T.A.R. Lombardia, sede di Milano. Un provvedimento dell’Antitrust, a prescindere dall’efficacia territoriale, va quindi sempre impugnato davanti al T.A.R. Lazio (anche se attinente a profili di diritto del pubblico impiego, visto che la sede unica è a Roma).
8.        La legge n. 241 del 1990. La l. n. 241/90 ha carattere generale, rappresenta lo “statuto minimo” dei diritti del cittadino nei confronti della P.A.. Ogni Testo Unico (edilizia, appalti, etc.) è tuttavia ad essa derogatorio, dal momento che i reciproci rapporti sono retti dal principio di specialità, e non da quelli cronologico o gerarchico.
ATTENZIONE: in alcuni casi è fondamentale dedurre la violazione di una norma della l. n. 241/90 nel motivo di diritto (ad. es. in una memoria difensiva, in merito ai vizi non invalidanti ex art. 21-octies co. 2) ma in altri casi può essere addirittura erroneo.
Ad es. è corretto scrivere “Violazione dell’art. 97 Cost. – Violazione dell’art. 11 della l. n. 241/90 – Violazione dell’art. 34 T.U.E.L.”, rappresentando ogni violazione una sottocategoria dell’altra, passando dal generale al particolare, ma è sbagliato addurre come vizio di un ordine di demolizione dei manufatti abusivi la “Violazione dell’art. 7 della l. n. 241/90”, dal momento che il T.U. dell’Edilizia non prevede garanzie partecipative in caso di accertato abuso edilizio, tutelando anche con norme penali il corretto ed ordinato sviluppo urbanistico.  
Allo stesso modo la dizione “Violazione dell’art. 20 della l. n. 241/90” è sbagliata nei casi di diniego di permesso a costruire comunicato al 45° giorno dalla presentazione della domanda. Non si può asserire essersi formato il silenzio-assenso “generale”: l’art. 20 co. 8 del d.P.R. n. 380/01 prevede difatti che il responsabile emani un provvedimento espresso, oppure che il silenzio-assenso si formi nel termine di 60 giorni e non di 30. Tale norma è speciale rispetto a quella prevista dalla legge sul procedimento. Da qui l’erroneità del suddetto motivo di diritto.
9.        La procura (art. 24 c.p.a.): nell’atto di diritto amministrativo è speciale. Si intende conferita soltanto per il primo grado e per tutti gli atti consequenziali e connessi (motivi aggiunti, ricorso incidentale, etc). La giurisprudenza richiede quindi una nuova procura per l’appello; la parte può tuttavia conferire al patrocinatore sin dal primo grado il potere di appellare la sentenza del T.A.R..
E’ quindi preferibile formulare una procura “completa” della facoltà d’appello, anche se non è sbagliata quella che l’omette. E’ del pari preferibile evitare di scrivere “… con facoltà di proporre ricorso per motivi aggiunti,…”; i commissari, non potendovi segnare come errore la dicitura, potrebbero sospettare che non conosciate le regole in esame.
10.    Le richieste istruttorie: il processo amministrativo rimane un processo “documentale”. Vige il principio dispositivo con metodo acquisitivo (vd. art. 63 c.p.a.).
Non sono ammessi l’interrogatorio formale ed il giuramento, la testimonianza non ha il valore che assume nel processo penale (idem per il processo civile), il giudice può ordinare una verificazione, disporre una C.T.U. (utile solo in caso di discrezionalità tecnica) ed ordinare l’esibizione di documenti alla P.A..
In pratica nell’atto vanno inseriti al termine del petitum i documenti (specie se ottenuti con accesso) citati dalla traccia (ad es. preavviso di rigetto ex art. 10-bis, contratto di compravendita del … rogito …, etc.) ma ricordate che tanto il ricorrente (entro 30 giorni dall’ultima notifica ex art. 45 co. 1 c.p.a.) tanto la P.A. (entro 60 giorni dal perfezionarsi nei suoi confronti della notificazione del ricorso deve “depositare produrre l'eventuale provvedimento impugnato, nonché gli atti e i documenti in base ai quali l'atto è stato emanato, quelli in esso citati e quelli che l'amministrazione ritiene utili al giudizio”) portano a conoscenza del Giudice il provvedimento perché vi sia valida instaurazione del giudizio
La relativa copia non va pertanto inserita nelle richieste istruttorie.
Se la materia è caratterizzata dalla discrezionalità tecnica, può depositarsi una C.T.P., oppure sollecitare una C.T.U..
Per il resto, ricordatevi che sono la parte meno importante dell’atto, ma se la traccia lo richiede, vanno comunque articolate





- I principi comunitari -

1.    Premessa.

Non esiste settore, ambito, istituto del diritto amministrativo che non sia stato inciso nel corso degli anni dal diritto comunitario. La stessa l. n. 15/05 non ha che recepito, modificando l’art. 1 della l. n. 241/90, la vasta produzione normativa e giurisprudenziale sviluppatasi in sede europea. Sotto la Rubrica “Principi generali dell’azione amministrativa” si legge oggi: “1. L’attività amministrativa persegue i fini determinati dalla legge ed è retta da criteri di economicità, di efficacia, di imparzialità, di pubblicità e di trasparenza secondo le modalità previste dalla presente legge e dalle altre disposizioni che disciplinano singoli procedimenti, nonché dai principi dell’ordinamento comunitario”.
Tutta l’attività amministrativa è quindi procedimentalizzata e retta dai principi comunitari, i quali con l’entrata in vigore del Trattato di Lisbona sono stati inoltre costituzionalizzati (vd. art. 117 Cost.). Alcuni settori del diritto amministrativo, enunciano poi espressamente che l’attività della P.A. in parte qua è retta dai principi in esame: basti pensare all’art. 2 commi 1-2 del D.Lgs. n. 163/06 (Codice degli Appalti pubblici). La stessa attività giurisdizionale amministrativa ne è governata: si pensi al riferimento al “diritto europeo” contenuto nell’art. 1 co. del c.p.a. (ossia il D.Lgs. n. 104/10), la cui importanza è evidente, ad esempio, in sede di redazione di un ricorso in appello ad un’ordinanza cautelare o ad una sentenza del T.A.R..   
Qualsiasi atto può esser dunque redatto, quantomeno a livello generale, che sia un ricorso, una memoria difensiva o un intervento ad opponendum, censurando o difendendo l’operato della P.A. alla luce di tali principi.
ATTENZIONE: non deve mancare la specificità dei motivi di diritto tuttavia: l’art. 40 co. 1 lett. c) c.p.a. la impone espressamente. E’ quindi sempre utile accompagnare le censure sulla violazione di tali principi alla normativa di parte speciale o generale (vd. l. n. 241/90) che ne costituisce attuazione (ad es. i principi di economicità, efficacia ed efficienza informano tutta la disciplina in materia d’appalti).
Devono quindi costituire parte imprescindibile del vostro bagaglio giuridico: anche ictu oculi, senza aprire codice, dovete sapere, sol leggendo la traccia, ravvisare i principi comunitari utili a censurare (ipotesi più frequente) o difendere l’operato della P.A..

2.  Un consiglio pratico.

Come deve essere ordinato cronologicamente e logicamente il fatto tramite la numerazione (1. In data x Tizio si vedeva notificare … 2. Formulata istanza d’accesso … 3. Il Comune di Afa provvedeva in autotutela …), similmente i motivi di diritto vanno elaborati a partire dai principi comunitari, che ovviamente costituiscono allo stesso tempo violazione dell’art. 1 co.1 della l. n. 241/90.
Al pari delle figure sintomatiche dell’eccesso di potere di cui infra, con pochi strumenti concettuali e scarso sforzo mnemonico (non si trovano sui codici ovviamente!), potete affrontare efficacemente la prova d’esame a prescindere dalla legislazione speciale nazionale, che tuttavia per motivi di completezza dell’atto, va comunque ricercata sui codici e riportata nell’atto.

3.  Distinzione.

Fate ATTENZIONE: la violazione dei principi comunitari (e costituzionali) rientra nella “violazione di legge” di cui all’art. 21-octies co. 1 della l. n. 241/90, tuttavia può essere utile dedurla anche per rafforzare l’illegittimità provvedimentale per “eccesso di potere”. Di seguito noterete che talune figure delle due categorie sono molto simili, quasi coincidenti. Tuttavia bisogna mantenere la distinzione: nell’eccesso di potere la P.A. rispetta la legge, ma solo “formalmente”, poiché la piega a scopi diversi o snatura la stessa funzione amministrativa. L’eccesso di potere si annida, difatti, nei settori scarsamente regolamentati, in cui la discrezionalità amministrativa allarga le maglie delle “strade percorribili” dalla P.A.
C’è quindi incompatibilità logica tra violazione di legge ed eccesso di potere, anche se spesso negli atti si deducono con gli stessi motivi di diritto. Una norma o è violata, o non lo è; se lo è c’è illegittimità per violazione di legge (salva la disciplina dei vizi non invalidanti di cui all’art. 21-octies co. 2 della l. n. 241/90), se non lo è legittima, salvo emergano a livello presuntivo le figure sintomatiche d’eccesso di potere. Ovviamente, quanto dalla normativa dettagliata si passa ai principi generali, questa distinzione può sfumare. Da qui l’equivoco, che è “pratico”, ma non “teorico”.

4.  I principi costituzionali

Tornando ai principi comunitari medesima importanza hanno ovviamente i principi costituzionali di:
1.      imparzialità e buon andamento (efficacia, economicità ed efficienza) di cui all’art. 97 Cost.,
2.      il principio di legalità su cui si basa lo stesso Stato di diritto, basato sulla separazione dei poteri (vd. art. 97 co. 1 Cost. ed art. 1 co. 1 della l. n. 241/90), i cui corollari sono:
-   il principio di tipicità dei provvedimenti (costituiscono un numerus clausus dal momento che implicano esercizio di supremazia speciale della P.A.; un’eccezione è data dalle ordinanze ex art. 54 co. 4 TUEL, che tuttavia possono solo derogare temporaneamente la normativa di rango primario ma non i principi generali dell’ordinamento);
-    il principio di esecutorietà dei provvedimenti (vd. art. 21-ter della l. n. 241/90), espressione del potere di autotutela esecutiva della P.A..
3.      Il principio di pubblicità dell’azione amministrativa, connesso a quello di trasparenza della stessa (vd. diritto d’accesso ex art. 22 e ss. della l. n. 241/90).
4.      Il principio di ragionevolezza, che “impone la corrispondenza dell’azione amministrativa ai fini indicati dalla legge, la coerenza con i presupposti di fatto a base della decisione amministrativa, la logicità della stessa oltre che la proporzionalità dei mezzi rispetto ai fini” (GAROFOLI), a cui corrispondono numerose figure d’eccesso di potere quali l’illogicità procedimentale, quella motivazionale, l’ingiustizia manifesta, la disparità di trattamento.
5.      il principio di sussidiarietà orizzontale (nei rapporti tra P.A. e cittadini: vd. art. 118 co. 4 Cost.)

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